sabato 24 febbraio 2024

Putin fa gli occhi dolci all’Italia e Salvini li chiude su Navalny

Putin fa gli occhi dolci all’Italia e Salvini li chiude su Navalny Putin si dichiara innamorato dell’Italia e la invita a collaborare con la Russia su “cose interessanti” che non specifica. Intanto, in un forum con gli studenti di un’università di Mosca, ha inscenato un siparietto con una studentessa italiana che si era detta innamorata della Russia. Il leader russo lusingando la giovane per la sua bellezza le ha augurato di poter trovare anche l’amore in Russia. E visto che c’era ha voluto ricordare il legame che ha con il nostro Paese: “L’Italia ci è sempre stata vicina, ricordo come sono stato accolto da voi, mi sono sempre sentito a casa”. E qui ha volutamente dimenticato le sanzioni imposte dall’Unione Europea al suo Paese votate anche dall’Italia. Ma evidentemente, l’occasione gli era propizia per lanciare un messaggio. Da interpretare… Sembrano infatti ormai lontani i tempi in cui era forte il legame tra lui e il nostro Silvio Berlusconi. A Roma, il governo fa finta di niente e si prepara al G7 con Biden, che considera Putin un “killer”. Di Maio bolla le parole di Putin come “propaganda” e ribadisce la fedeltà all’Europa. Salvini, invece, difende Putin e si lava le mani sulla morte di Navalny, l’oppositore avvelenato e arrestato. Dice che la questione non lo riguarda e che ci pensino i medici e i giudici, anche se le prove sono evidenti. Le opposizioni attaccano Salvini e lo chiamano “burattino di Putin”. Anche i suoi alleati di governo lo criticano e gli ricordano i valori dell’Italia. La Commissione Europea lo prende in giro e gli dice che non servono indagini per capire che Navalny è stato ucciso dallo Stato russo.

lunedì 19 febbraio 2024

Fine Vita: in Italia continua ad essere un diritto senza una legge

Fine Vita: in Italia continua ad essere un diritto senza una legge Il dibattito sul suicidio assistito in Italia continua ad essere oggetto di discussioni pro e contro ma continua ad essere ancora non regolamentato da una legge nazionale. La Regione Emilia-Romagna ha fatto un passo avanti per chi sceglie di porre fine alla propria vita con l’ausilio di un medicinale mortale, stabilendo tempi e modalità chiare per accedere al “fine vita”. Tuttavia, manca ancora una legge nazionale che riconosca appieno questo diritto. L’Emilia-Romagna è la prima regione italiana a offrire a una persona la possibilità di morire con il suicidio assistito, cioè l’auto-somministrazione di una sostanza letale. Lo ha fatto con una delibera che indica il percorso e i requisiti che il paziente deve soddisfare per accedere al “fine vita”, il termine entro cui attuare la procedura e le linee guida per gli enti che devono esaminare la richiesta. Nello stesso periodo dell’approvazione della delibera, l’Assemblea legislativa ha ricevuto anche la legge di iniziativa popolare promossa dall’associazione Luca Coscioni, che dovrà essere dibattuta. Come era prevedibile, il tema della morte assistita ha scatenato un confronto politico e ideologico tra le forze politiche in Regione e non solo. Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza per capire perché la delibera è un’innovazione importante e cosa ci si può aspettare nei prossimi mesi. Le norme stabilite dall’Emilia-Romagna colmano il vuoto normativo che c’è in Italia - pur essendo il suicidio assistito legale - e hanno lo scopo di assicurare “al malato il diritto di lasciare la vita nel rispetto della sua volontà, autodeterminazione e dignità e nel rispetto dei criteri definiti dall’Alta Corte”. La Regione ha redatto le linee guida a cui le Aziende sanitarie dovranno attenersi per gestire il percorso del suicidio assistito, dalla richiesta del paziente fino alla somministrazione del farmaco. In sintesi, la domanda deve pervenire a un’Asl regionale con tutta la documentazione sulla situazione sanitaria del paziente, tra cui l’attestato della sua volontà prodotto direttamente dalla persona. Entro 42 giorni la richiesta deve essere valutata dalla Commissione di valutazione di Area Vasta, il comitato tecnico-scientifico e che deve visitare il paziente, verificare le sue condizioni e la presenza di possibili alternative al fine vita e definire il modo in cui realizzare il suicidio senza aumentare le sofferenze del richiedente. La Giunta regionale ha istituito anche il Corec (Comitato regionale per l’etica nella clinica) che deve fornire consulenze etiche e pareri sui singoli casi, con particolare attenzione riguardo a quelli più complessi dove ci può essere un conflitto di valori - per esempio tra la volontà del paziente e quella dei famigliari - oltre ad attività di formazione per il personale sanitario. Il Corec è formato da 22 tra medici, giuristi ed esperti di bioetica che rimangono in carica per tre anni. L’accesso alla morte assistita è consentito soltanto se vengono rispettati rigorosamente i criteri che la Corte Costituzionale ha fissato “per evitare abusi e arbitrii”: il paziente deve essere affetto da una patologia irreversibile che causa sofferenze fisiche o psicologiche che ritiene insopportabili, è tenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale ed è pienamente in grado di prendere decisioni libere e consapevoli. La procedura sanitaria è a carico del Servizio Sanitario Nazionale e quindi gratuita per il paziente. Fine Vita: pro e contro a confronto Sul piano politico la delibera non ha la stessa forza di una legge, perché è uno strumento che può essere ritirato in qualsiasi momento da una giunta diversa da quella attuale. La legge arrivata in Assemblea legislativa è quella di iniziativa popolare dell’associazione Luca Coscioni, che ha raccolto 7mila firme e che deve essere discussa entro 12 mesi. Promulgando una delibera, la maggioranza guidata da Stefano Bonaccini sta cercando da un lato di dimostrarsi sensibile sul tema del fine vita, e dall’altro rimandare il più possibile il momento della discussione. La mancanza di una legge nazionale sul suicidio assistito La Costituzione afferma che “nessuno può essere costretto ad alcun trattamento sanitario contro la propria volontà” e che “la libertà personale è inviolabile”. In Italia il suicidio assistito è legale non per via di una legge ma per una storica sentenza della Corte Costituzionale emessa nel 2019 in seguito al “caso Cappato-Dj Fabo”. Il suicidio medicalmente assistito in determinati casi e la sospensione delle cure – intesa come “eutanasia passiva” – costituisce un diritto inviolabile in base alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale e alla legge 219/2017.Nel 2017 Marco Cappato, membro dell’associazione Luca Coscioni, aveva portato in Svizzera Fabiano “Dj Fabo” Antoniani, 40enne cieco e tetraplegico a causa di un grave incidente stradale che da anni viveva con l’aiuto di un ventilatore artificiale e chiedeva di poter accedere il suicidio assistito. Al termine del processo per istigazione al suicidio, l’Alta Corte ha stabilito che una persona che aiuta un’altra a morire non è punibile nei casi che presentano i requisiti menzionati prima, e Cappato è stato assolto. Anche molte altre storie sono diventate dei casi nazionali di disobbedienza civile, come quelle di Eluana Englaro, Piergiorgio Welby e Sibilla Barbieri. Fine vita: “Mia madre in Svizzera per terminare una sofferenza insopportabile” In mancanza di una legge, molta discrezionalità viene lasciata alle Aziende sanitarie locali, che possono anche rifiutare le richieste di suicidio assistito. Come nel caso del marchigiano Antonio, che ha avviato una causa legale contro l’Asur delle Marche dopo che questa si era opposta a verificare le sue condizioni mediche per iniziare l’iter verso la morte assistita. Nonostante l’ordine del Tribunale a procedere, attualmente Antonio sta ancora aspettando il parere dell’Asur. In Emilia-Romagna, le linee guida stabilite dalla Regione risolverebbero questo tipo di problema. Le parole del fine vita Il suicidio medicalmente assistito è l’atto in cui una persona, nelle sue piene capacità cognitive, fa richiesta e si auto-somministra un farmaco per morire e porre fine alle proprie sofferenze. In Italia è possibile in determinate circostanze. È diverso dall’eutanasia, che invece è l’atto da parte di un medico di provocare intenzionalmente e in modo indolore la morte di una seconda persona cosciente, che è in grado di capire le conseguenze delle proprie azioni e che ne fa esplicita richiesta. In Italia l’eutanasia è illegale. I trattamenti di sostegno vitale, la cui presenza è uno dei requisiti per accedere al suicidio assistito, sono strumenti esterni, impiantati o terapie fondamentali per mantenere in vita il paziente come, ad esempio, ventilatori o pompe cardiache. Un paziente può chiedere la sospensione dei trattamenti sanitari e può rifiutare le cure come la somministrazione dei farmaci, la nutrizione o l’idratazione artificiale anche se questo può causare in modo diretto o indiretto la sua morte. È una scelta prevista dalla Costituzione. La sedazione palliativa continua e profonda avviene somministrando alla persona richiedente dei farmaci sedativi in quantità tali da annullarne la coscienza, con lo scopo di alleviarle sofferenze altrimenti intollerabili. Possono farvi ricorso persone affette da malattie in stadio avanzato e i cui sintomi sono altrimenti intrattabili.
Michele Macelletti Autore Michele Macelletti Categoria Politica

venerdì 16 febbraio 2024

"Meno ricci e più cozze per tutti!"

 


Emiliano, il salvatore dei ricci di mare: "Ho battuto Meloni e Calderoli da solo"

 

BARI - Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano si è scatenato in una serie di dichiarazioni trionfali dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha confermato il blocco triennale della pesca dei ricci di mare in Puglia, previsto dalla legge regionale n. 6 del 2023. La Consulta ha respinto il ricorso del governo Meloni, che riteneva la norma in contrasto con la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela ambientale.

 

"Gli uffici regionali e i Ministeri mi avevano scoraggiato tutti dal resistere davanti alla Corte Costituzionale a un ricorso del Governo Meloni che tutti giudicavano fondato - ha dichiarato Emiliano -. E invece, io e il consigliere regionale Paolo Pagliaro, ispiratore della legge, col quale l'avevo proposta, abbiamo deciso di resistere all'impugnativa del Governo ad ogni costo e abbiamo avuto ragione. Anche grazie al grande lavoro della Avvocatura Regionale guidata dall'avv. Rossana Lanza che ci ha rappresentato in questa vicenda insieme all'avvocato Carmela Capobianco. La Corte ha statuito per la prima volta un principio rivoluzionario, e cioè che le Regioni hanno il diritto/dovere di proteggere il mare e le sue risorse nella zona di loro competenza. Una strepitosa vittoria contro Calderoli, Ministro firmatario della impugnativa e contro il Consiglio dei Ministri di Giorgia Meloni che ci voleva negare il diritto di proteggere dall'estinzione i ricci di mare. Battersi per una giusta causa è sempre necessario, anche quando la vittoria è incerta o apparentemente impossibile. Chi non lotta infatti ha già perso".

 

Emiliano ha poi aggiunto: "Sono orgoglioso di essere il salvatore dei ricci di mare, una specie minacciata dal sovra-sfruttamento e dal degrado ambientale. I ricci di mare sono una risorsa preziosa per la nostra economia e per la nostra cultura, e meritano di essere tutelati e valorizzati. Non mi sono lasciato intimidire dalle pressioni del governo centrale, che voleva imporre una visione miope e distruttiva del rapporto tra uomo e natura. Ho difeso con coraggio e determinazione gli interessi della Puglia e dei pugliesi, che amano il loro mare e le sue creature. Ho dimostrato ancora una volta di essere un leader capace e indipendente, che non si piega alle logiche di partito e alle alleanze di convenienza. Ho battuto Meloni e Calderoli da solo, senza bisogno di nessun aiuto. Sono il presidente di tutti i pugliesi, e anche dei ricci di mare".

Inutile dire che si sono scatenatati i cori e gli applausi a sinistra, fischi e pernacchie a destra


giovedì 8 febbraio 2024


 Sanità, Rapporto Svimez-Save the Children: Aumenta il Divario Nord-Sud

L’ultimo rapporto presentato dalla Svimez in collaborazione con “Save the Children” ha un titolo emblematico: “Un Paese, due cure. I divari Nord – Sud nel diritto alla salute”. Il Report ha messo in luce i dati preoccupanti sulla sanità in Italia e ci consegna l’ennesima foto di Paese a due velocità su spesa sanitaria, assistenza, servizi di prevenzione e mobilità sanitaria. Un divario tra Nord e Sud del paese che continua ad aumentare, mettendo a rischio il diritto alla salute dei cittadini.

Viaggi della Speranza

I cosiddetti “viaggi della speranza” sono diventati sempre più frequenti, con i cittadini del Sud che si recano al Nord per ricevere cure mediche. Questo fenomeno è dovuto alla mancanza di servizi di prevenzione e cura adeguati al Sud, dove la spesa pubblica sanitaria è minore e le distanze da percorrere per ricevere assistenza sono maggiori, soprattutto per le patologie più gravi.

Aspettativa di Vita Inferiore al Sud

L’aspettativa di vita al Sud è inferiore rispetto al Nord. Questo è dovuto alle peggiori condizioni sanitarie e alla mortalità per tumori più elevata. La situazione è particolarmente grave in Puglia, dove i servizi di prevenzione e mobilità sanitaria sono carenti.

Meno LEA al Sud

Le Liste di Esercizio Attivo (LEA), che indicano i servizi e le prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a garantire a tutti i cittadini, sono meno presenti al Sud. Questo significa che i cittadini del Sud hanno meno accesso ai servizi sanitari rispetto a quelli del Nord.

E per la Puglia: due bocciature

Il rapporto Svimez evidenzia un crescente divario sanitario tra il Nord e il Sud dell’Italia, con la Puglia che risulta particolarmente penalizzata. Nonostante la regione risulti adempiente sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), la spesa sanitaria pro capite è inferiore alla media nazionale (1978 euro contro 2140 euro) e i servizi di prevenzione e mobilità sanitaria sono carenti.

I pugliesi tendono a cercare cure al Nord, a causa delle lunghe liste d’attesa e della mancanza di fiducia nel sistema sanitario locale. Inoltre, la promessa di costruire un rapporto virtuoso con le eccellenze private non è stata mantenuta, con alcuni esami che richiedono mesi o anni di attesa.

L’aspettativa di vita in Puglia è più bassa di oltre un anno rispetto alle regioni del Nord. Anche se la Puglia risulta adempiente sui LEA, è notevolmente indietro rispetto a regioni con pari popolazione, come l’Emilia Romagna. Ad esempio, l’indice di fuga per la cura del tumore alla mammella in Puglia raggiunge il 17%, contro l’8% dell’Emilia-Romagna.

Inoltre, gli adeguamenti tariffari per l’assistenza agli anziani non autosufficienti sono stati fatti nelle regioni del Nord e non in Puglia, dove le aziende che svolgono un servizio pubblico essenziale rischiano il collasso.

Il rapporto Svimez suggerisce che la situazione potrebbe peggiorare con l’autonomia differenziata. La Puglia ha bisogno di una decisa svolta per garantire ai suoi cittadini un accesso equo e di qualità ai servizi sanitari.

 

Cosa Bisogna Fare?

Per risolvere questa situazione, è necessario aumentare la spesa sanitaria e cambiare i parametri per la ripartizione tra le regioni. Il criterio di assegnazione deve essere basato sulle condizioni in cui versano i vari territori, aiutando quelli con maggiori disagi.

La Regione Puglia sta facendo tutto il possibile nonostante le ridotte risorse rispetto alle altre regioni con gli stessi parametri. Tuttavia, la promessa di costruire un rapporto virtuoso con le eccellenze private è stata tradita: alcuni esami è impossibile farli senza attendere mesi o anni.

In conclusione, è fondamentale che il governo italiano prenda seriamente in considerazione queste questioni e lavori per garantire che tutti i cittadini abbiano accesso a cure mediche di alta qualità, indipendentemente da dove vivono. In questo contesto la nuova riforma sulla autonomia differenziata, senza la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, avrà come conseguenza quella di amplificare questa frammentazione e aumentare il divario già esistente del diritto alla salute tra Nord e Sud.

La salute è un diritto fondamentale, e non dovrebbe dipendere dalla regione in cui si vive.

 

mercoledì 7 febbraio 2024


 TRENTINO: NON C'E' ANCORA PACE PER GLI ORSI

 L’orso M 90 si era avvicinato troppo a una coppia di escursionisti ed era già stato definito "pericoloso". Durissime le proteste degli ambientalisti. Critico anche il ministro dell'Ambiente

Il plantigrado, un giovane esemplare di due anni e mezzo, che già nel 2023 era stato munito di radiocollare a seguito di sue incursioni nei centri abitati, è stato prelevato e abbattuto dalle guardie del Corpo Forestale.

Nelle scorse settimane, l’orso M 90 aveva destato forte preoccupazione in Trentino, avvicinandosi troppo a una coppia di fidanzati intenti a fare una escursione su di una strada forestale in Val di Sole. In precedenza, erano state segnalate numerose sue incursioni in alcuni centri abitati. Così, ieri 6 febbraio, il Presidente del Trentino Fugatti non ha esitato a firmare subito l’ordinanza di abbattimento, scatenando una serie di polemiche.

Le proteste degli ambientalisti, delle associazioni animaliste e della parlamentare Michela Vittoria Brambilla, da sempre strenua sostenitrice dei diritti degli animali,  sono state immediate e durissime. Anche il Ministro dell’Ambiente ha espresso critiche, invitando a trovare soluzioni e misure alternative all’abbattimento. Le associazioni animaliste sostengono che l’abbattimento non dovrebbe essere la soluzione. Invece, si dovrebbero esplorare altre opzioni, come il miglioramento delle misure di sicurezza nei centri abitati e l’educazione del pubblico sulla convivenza pacifica con la fauna selvatica.

La coesistenza tra uomo e animali selvatici richiede un’informazione capillare. L’orso, per sua natura, ha bisogno di ampi habitat naturali, quindi garantirne la sopravvivenza significa garantire la buona salute di un territorio. Ciò che molte voci critiche trovano dissonante è il tentativo di fare coesistere progetti di ripopolamento dei grandi carnivori (come in Trentino) e poi la pretesa che gli orsi non si comportino da orsi.

La questione è complessa e non esiste una soluzione univoca. È necessario un approccio equilibrato che tenga conto sia della sicurezza delle persone sia della conservazione della fauna selvatica. Potrebbe essere utile investire in misure preventive, come recinzioni elettrificate, sistemi di allarme e programmi di educazione pubblica. Allo stesso tempo, è fondamentale lavorare per la conservazione degli habitat naturali e per la creazione di corridoi ecologici che permettano agli orsi di spostarsi senza entrare in conflitto con le attività umane.

In conclusione, la questione richiede un equilibrio delicato tra la sicurezza umana e la conservazione della fauna selvatica. È necessario un dialogo costruttivo per trovare una soluzione condivisa con una visione a lungo termine che rispetti entrambe le parti. Solo così sarà possibile garantire un futuro sia per gli orsi sia per le comunità umane.

sabato 3 febbraio 2024


 Puglia: in aumento le aggressioni agli insegnanti

 

La violenza nelle scuole è un problema che sta assumendo proporzioni preoccupanti in Puglia. Non solo a Taranto, dove recentemente un gruppo di genitori ha aggredito un’insegnante all’uscita da scuola, ma anche a Lucera, nel Foggiano, dove il preside dell’istituto Bozzini-Fasani, Pasquale Trivisonne, è stato malmenato dalla madre di un alunno.

Il motivo dell’aggressione non è ancora chiaro, ma sembra essere legato alla punizione inflitta ad alcuni alunni che avrebbero aggredito il figlio della donna. L’aggressione è avvenuta all’interno del cortile della scuola e coinvolge due alunni di prima media che frequentano la stessa classe. Un terzo studente, di terza media, ha ripreso la scena con un telefono cellulare.

Il preside  ha saputo dell’accaduto il giorno successivo e ha convocato un consiglio di classe straordinario per sospenderne le attività scolastiche per cinque giorni sia all’aggressore che al ragazzo autore del video. Tuttavia, la madre del ragazzo vittima dell’aggressione, non soddisfatta dalla sanzione comminata ai due, è entrata nell’istituto eludendo la sorveglianza e ha aggredito il preside con calci e pugni alla presenza della vice preside, che ha tentato di bloccarla.

Il preside ha dovuto ricorrere alle cure mediche e ha ricevuto una prognosi di cinque giorni, mentre la vice preside ha avuto due giorni di prognosi per lo shock subito. Nonostante l’aggressione, il preside ha sottolineato che la sua unica preoccupazione sono gli alunni e la salvaguardia degli studenti, e ha ribadito l’importanza di mantenere alta la guardia sul tema del bullismo.

Questi episodi di violenza mettono in luce la necessità di affrontare il problema del bullismo e della violenza nelle scuole in maniera più efficace. È fondamentale che genitori, insegnanti e dirigenti scolastici lavorino insieme per creare un ambiente sicuro e rispettoso per tutti gli studenti. Obiettivo questo non sempre facile, anzi sempre più arduo ai giorni nostri ma non impossibile.  Il primo passo da compiere è quello di ricercare una collaborazione tra le due "agenzie di formazione" dei ragazzi. Occorre creare condizioni di condivisione della consapevolezza che la scuola e la famiglia possono e devono collaborare assieme. Attraverso un rapporto che garantisca il rispetto delle diverse competenze e peculiarità e contribuisca ad educare e crescere i cittadini di domani.

  

 

venerdì 2 febbraio 2024

 

Il CUI, il Codice Unico Identificativo, e la Commedia degli Errori


Milano, la città della moda, del design e... degli errori di identificazione! Sì, avete capito bene. Non uno, ma due incredibili errori in soli venti giorni. E tutto grazie al CUI, il Codice Univoco Identificativo.

 Il CUI, una stringa alfanumerica assegnata dai reparti scientifici delle forze dell’ordine al fotosegnalamento e alle impronte digitali di uno straniero, è stato creato per prevenire gli errori di identificazione o false generalità. Ma a quanto pare, a Milano, il CUI non ha dato risultati attendibili. Anzi, ha proprio fallito e fatto uno scambio di persone. Non una ma per ben due volte. Decisamente un po’ troppo per essere considerato attendibile.

 La prima vittima di questo incredibile errore è stato un povero uomo bangladese di 35 anni. Immaginatevi la scena: un giorno normale, stai andando al lavoro, e all'improvviso ti ritrovi in prigione. Perché? Perché hai lo stesso nome e la stessa data di nascita di un criminale accusato di rissa aggravata con un morto. Risultato: quattro mesi di ingiusta detenzione in carcere per un errore di identificazione.

 Ma non finisce qui. Dopo solo venti giorni, un altro uomo, questa volta un cinese di 53 anni, accusato di ricettazione di telefonini rubati è caduto nello stesso tragico errore di persona. Stesso nome, stessa data di nascita, stessa incredibile coincidenza. Questa volta, però, il CUI ha deciso di essere un po' più clemente: solo quattro giorni di carcere. Una vera e propria… Commedia degli errori giudiziari.

 Solo dopo i quattro mesi di detenzione, l’avvocato dell’uomo bangladese, osservando la foto presente sul fascicolo agli atti si è accorta che non era quella del suo assistito.

 Per l’uomo cinese, dopo quattro giorni di cella, è stato provvidenziale lo spirito investigativo di un agente penitenziario.

 E così, in meno di un mese, il CUI ha dimostrato che, nonostante la sua sofisticata tecnologia e le sue nobili intenzioni, può ancora fare degli errori. E sono errori imperdonabili quando di mezzo c'è la privazione della libertà personale e l'ingiusta detenzione!



Tags. #errorigiudiziari, #libertàpersonale


Putin fa gli occhi dolci all’Italia e Salvini li chiude su Navalny

Putin fa gli occhi dolci all’Italia e Salvini li chiude su Navalny Putin si dichiara innamorato dell’Italia e la invita a collaborare...