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sabato 3 giugno 2023

Caso Palamara e la crisi di un sistema marcio.



IL CASO PALAMARA E LA CRISI DEL SISTEMA GIUSTIZIA :RIPARTIAMO DALL'ART.111 DELLA COSTITUZIONE

L’esplosione del caso Palamara ha provocato un terremoto con effetti devastanti  per l’intero ordine giudiziario. I fatti venuti alla luce pongono, in tutta la loro manifesta gravità, un “vulnus”che sta all’origine dei tanti mali che affliggono il sistema giudiziario italiano.

E’ utile ricordare quanto recita l’articolo 111 della: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. Non puo’ apparire cosa del tutto irrilevante, il fatto che i nostri  Padri Costituenti abbiamo voluto utilizzare assieme all’aggettivo “imparziale” anche quello di “terzo”. Il motivo risiede nel voler esplicitare in maniera chiara e inequivocabile quali sono gli attori del processo: l’accusa, la difesa e il giudice che emette la sentenza. E dunque, alla luce della lettura dell’articolo della Carta Costituzionale, il giudice, per essere “terzo ed imparziale” non può avere niente a che fare né con l’accusa né con la difesa. Il cuore del problema è tutto qui: il giudice inquirente e quello giudicante devono essere cose separate.
Il quadro che emerge dalla famosa chat-Palamara fornisce una chiara ed amara rappresentazione di come funzionano le cose all’interno del sistema dei poteri della Magistratura. Le nomine del Csm, avvengono di fatto, gestite e concordate durante cene ed incontri conviviali tra giudici e Pm. Un metodo che nulla ha a che fare con giudizi i di merito, ma basato solo su logiche spartitorie e relazioni di potere molto simili a quelle di una ”loggia”.  Un sistema che ruota attorno al suo cuore pulsante che è il Csm, dominato da una maggioranza composta da giudici Pm.
Eppure, l’art 111 della Costituzione dice altro.

La terzietà, l’imparzialità, e dunque anche l’indipendenza del giudice, sono di fatto minate da un meccanismo che privilegia il ruolo e il potere dei Pm a discapito del giudice. 
La terzietà di un giudice viene, inevitabilmente compromessa  quando  deve rispondere della sua professionalità davanti a un Csm composto in maggioranza di Pm, se è iscritto alla stessa associazione di categoria del Pm e se fa parte della stessa corporazione cui appartiene anche il magistrato inquirente.
E per come oggi funzionano le cose, il giudice non solo non è terzo ma, assai spesso, non è neppure indipendente. L’assenza della separazione delle carriere colpisce al cuore l’indipendenza della magistratura giudicante che deve essere necessariamente indipendente. 

Il Presidente della Repubblica,nei giorni scorsi, ha invitato i giovani magistrati a: "Non ispirarsi alla logica corrente, a non cercare il potere e il consenso, ma ad essere fedeli solo alla Costituzione". E ha chiesto al Parlamento e al Governo di intervenire per riformare la giustizia e porre fine alla degenerazione del sistema.  Sabino Cassese, noto ed autorevole intellettuale, è giunto a denunciare l’illegalità nel quale versa il nostro sistema giudiziario del Paese: “ le Procure sono di fatto diventate un quarto potere, al quale il sistema giudiziario si è dovuto piegare”. Per “ritornare alla Costituzione” urge una riforma che metta fine alla pericolosa anomalia di un quarto potere incontrollabile.

La separazione delle carriere appare essere una proposta ragionevole per riformare radicalmente la giustizia e ricondurre nell’alveo della legalità il sistema.
Alla Camera esiste una legge di iniziativa popolare, sottoscritta tre anni fa da ben 74 mila cittadini italiani, che chiede la separazione delle carriere dei magistrati.
L’Aula della Camera dei Deputati è chiamata ha discuterne il 29 giugno.
Saprà la Politica far pesare il suo ruolo per riformare un sistema degenerato e fuori controllo?
Questo non lo sappiamo.
Possiamo di certo sperarlo.
Sappiamo cosa ne pensano Davigo e Travaglio….

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